COMUNICATO
STAMPA
Uilm
nazionale
SEMINARIO DELLA UILM NAZIONALE SULL'IMMIGRAZIONE
Relazione del prefetto Angela Pria
Il fenomeno dell'Immigrazione clandestina nel nostro Paese si manifesta
attraverso forme diversificate. I flussi di immigrati clandestini che
oltrepassano in modo illecito le frontiere utilizzano i canali terrestri,
quelli aerei e le aree marittime. L'attività di contrasto rientra
nell'ambito delle competenze generali attribuite al Ministero
dell'Interno. Mentre per le attività poste in essere sul territorio
entrano in gioco in primo luogo le Forze di polizia, per il contenimento
dei flussi di immigrati clandestini via mare vi sono competenze che
coinvolgono enti di diversa natura (oltre alle Forze di polizia, anche la
Marina Militare e le Capitanerie di porto).
Molto consistenti gli interventi legislativi e organizzativi diretti a
rendere più efficaci le attività di prevenzione e di repressione
dell'immigrazione illegale via mare, il decreto interministeriale del 14
luglio 2003 e il relativo protocollo tecnico operativo che hanno posto le
basi per una ripartizione più razionale delle competenze tra le autorità
preposte ai controlli. In questo modo sono state fissate in dettaglio le
modalità di intervento delle navi della Marina militare e di quelle
appartenenti alle Capitanerie di porto e alle Forze di polizia.
Queste iniziative si collocano nell'ambito di un dibattito che, da alcuni
anni, impegna le forze politiche del nostro Paese. Il tema relativo ai
flussi di immigrati clandestini via mare costituisce un settore
prioritario sia nei lavori delle istituzioni comunitarie, sia in seno ad
organizzazioni internazionali a carattere universale quali l'IMO e le
Nazioni Unite. Gli aspetti più rilevanti sui quali si sviluppa il
confronto dialettico sono i seguenti: (1) il coordinamento tra le forze
navali impegnate nella vigilanza; (2) la gestione degli emigranti
individuati a bordo; (3) la possibile azione in alto mare da parte dello
Stato costiero nei confronti dell'imbarcazione sospettata di trasportare
clandestini; (4) la responsabilità dello Stato di bandiera o dello Stato
di provenienza dell'imbarcazione.
Sono andate delineandosi nel tempo tante possibili soluzioni nel nostro
ordinamento, sono state realizzate riforme importanti che hanno riguardato
la disciplina dell'immigrazione e l'organizzazione delle attività di
intervento in mare. A livello internazionale, la necessità di un
approccio bilanciato e comune al fenomeno ha consentito la realizzazione,
in tempi molto brevi, con l'entrata in vigore il 28 gennaio 2004, del
protocollo aggiuntivo alla convenzione delle Nazioni Unite contro la
criminalità organizzata transnazionale, relativo al trasporto illecito di
emigranti. Sul piano europeo, la stessa esigenza ha determinato
l'approvazione, durante il semestre di Presidenza italiana dell'Unione (su
impulso della Presidenza italiana), di un programma di misure importanti
per il rafforzamento delle frontiere marittime degli Stati membri, il
coordinamento delle operazioni e l'adozione di iniziative nei luoghi da
cui originano o transitano i flussi migratori illeciti. Seppure l'atto sia
stato adottato attraverso uno strumento di "soft law", esso
richiama le norme principali(comunitarie e internazionali) applicabili
nella materia e rivolge una serie di raccomandazioni concrete agli Stati
membri e alle istituzioni comunitarie al fine di intraprendere azioni
comuni e immediate.
L'obiettivo è quello di realizzare una "frontiera marittima
virtuale" in grado di rafforzare quella legale degli Stati membri
attraverso il coinvolgimento diretto delle autorità dei Paesi terzi.
La disciplina legislativa interna per la vigilanza, la prevenzione e il
contrasto dell'immigrazione clandestina via mare è contenuta nel T.U.
sull'immigrazione e la condizione dello straniero(decreto legislativo
286/98) come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n.189.
Al fine di dare attuazione a questa normativa (primaria), il decreto del
14 luglio 2003 approvato dai Ministri dell'Interno, della Difesa,
dell'Economia e delle Finanze, delle Infrastrutture e dei Trasporti ha
fissato i criteri per le attribuzioni di competenze tra le varie forze
navali e ha stabilito una serie di adempimenti per le amministrazioni
interessate.
L'attività in mare, svolta dalla Marina militare, dalle Forze di polizia
e dalle capitanerie di porto è coordinata dalla Direzione Centrale
dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere del Ministero
dell'Interno. Quest'ultima istituita in base all'art.35 della legge n.189
del 2002 nell'ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha anche
il compito di acquisire e analizzare tutte le informazioni attinenti al
controllo, alla prevenzione e al contrasto dell'immigrazione clandestina
via mare. Le unità navali e aeree devono informare la Direzione Centrale
ogni qualvolta sia avvistata un'imbarcazione sospetta, così come sono
tenute a fornire ad essa tutte le notizie utili all'individuazione di un
trasporto illecito di emigranti. La Direzione Centrale è responsabile per
la pianificazione degli interventi da effettuare, tenendo conto degli
accordi o delle intese conseguite con il Paese di provenienza del natante
sospetto.
L'attività di prevenzione si sviluppa attraverso tre canali: (1)
cooperazione internazionale con i Paesi di origine dei flussi o
interessati al transito; (2) controlli coordinati nelle acque
internazionali con il contributo della Marina Militare, della Guardia di
Finanza, delle Capitanerie di porto; (3) controlli coordinati nelle acque
territoriali con i mezzi navali in servizio di polizia. Più precisamente,
l'attività di vigilanza nelle acque territoriali è assicurata
prevalentemente dalle Forze di Polizia, mentre le unità navali militari
sono destinate a svolgere l'azione di controllo nelle acque
internazionali. Le unità delle Capitanerie di porto possiedono una
competenza preminente per gli interventi relativi alla sicurezza della
navigazione, la ricerca e il soccorso. Sono confermate le competenze
attribuite alle autorità provinciali di Pubblica Sicurezza in relazione
al coordinamento delle attività di vigilanza delle acque interne e delle
acque territoriali. In particolare, spetta ai Prefetti dei capoluoghi
delle regioni interessate dalle frontiere marittime il compito di
promuovere le misure occorrenti allo svolgimento dei controlli e alla
vigilanza da parte delle forze di polizia e degli altri organismi
interessati. L'attività di coordinamento è posta in essere attraverso
piani regionali adottati d'intesa con i Prefetti delle altre province,
sentiti i Questori, i dirigenti delle zone di polizia di frontiera le
autorità marittime e militari e i responsabili degli organi di polizia di
livello provinciale.
Alle condizioni previste dalla normativa vigente le unità navali possono
procedere all'effettuazione dell'inchiesta di bandiera, alla visita a
bordo e al fermo dell'imbarcazione anche al fine di un loro possibile
rinvio nei porti di provenienza; ma soprattutto, le operazioni devono
essere sempre improntate alla salvaguardia della vita umana e al rispetto
della dignità delle persone.
In base alle citate disposizioni legislative, la nave italiana in servizio
di polizia che incontri nelle acque territoriali o nella zona contigua una
nave di cui si abbia fondato motivo di ritenere che sia adibita, o
coinvolta, nel trasporto illecito di emigranti può sottoporre la stessa
alle procedure operative previste (inchiesta di bandiera, visita, ecc).
Qualora vi siano elementi che confermino il traffico di emigranti,
l'imbarcazione dovrà essere posta sotto sequestro e condotta in un porto
dello Stato. Tali poteri possono essere esercitati anche al di fuori delle
acque territoriali, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto
internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte
la bandiera nazionale o anche quella di un altro Stato, ovvero si tratti
di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza.
Si tratta quindi di una disciplina conforme alla normativa internazionale
vigente. E' noto, infatti, che la giurisdizione dello Stato costiero è
completa nell'ambito delle proprie acque interne. La possibilità di
effettuare controlli in materia di immigrazione nelle acque territoriali o
nella zona contigua, e intraprendere le misure previste dalla legislazione
nazionale, è espressamente sancita dalla convenzione di Montego Bay del
10 dicembre 1982 sul diritto del mare.
In realtà, l'Italia non ha espressamente indicato la volontà di
costituire una zona contigua. Tuttavia, le recenti modifiche al T.U.
sull'immigrazione nel fare riferimento ad essa richiamano le attività che
lo Stato costiero può esercitare per il contrasto dell'immigrazione
clandestina. Inoltre, il decreto interministeriale del 14 luglio 2003
sancisce che: << al di là delle acque territoriali è stabilita una
fascia di coordinamento che si estende fino al limite dell'area di mare
internazionalmente definita come "zona contigua" nelle cui acque
il coordinamento delle attività navali connesse al contrasto
dell'immigrazione clandestina, in presenza di mezzi appartenenti a diverse
amministrazioni, è affidato al Corpo della guardia di finanza>>. In
sostanza, le attività che le forze dell'ordine sono tenute a svolgere
nelle acque territoriali in materia di immigrazione dovranno essere
attuate anche nei limiti previsti per la zona contigua.
L'impianto normativo vigente stabilisce che le attività operative devono
assicurare prima di tutto la salvaguardia della vita umana. Le operazioni
di soccorso in mare sono, dunque, preminenti rispetto a quelle di "law
enforcement". Fatto salvo questo orientamento, sebbene sia in
principio possibile intraprendere nella zona contigua misure finalizzate
ad impedire l'ingresso della nave che trasporta immigrati clandestini
nelle acque territoriali, il tenore letterale delle disposizioni del T.U.
sull'immigrazione non sembra indirizzato verso lo svolgimento di
operazioni di interdizione navale. Infatti, il comportamento dei pubblici
ufficiali che individuano un'imbarcazione è codificato e obbliga
all'esercizio della giurisdizione nazionale attraverso l'ispezione, il
sequestro e il trasporto del mezzo in un porto italiano.
A completamento del quadro normativo appena descritto è necessario
svolgere alcune osservazioni sui possibili problemi connessi con le
procedure di asilo politico. Infatti, non è da escludere l'ipotesi che,
insieme agli emigranti illegali presenti a bordo della nave diretta verso
le acque territoriali italiane, possano esserci anche persone soggette a
protezione internazionale ai sensi della convenzione di Ginevra sullo
status di rifugiato. Secondo alcuni orientamenti, l'eventuale azione
interdittiva assunta in alto mare potrebbe determinare una violazione
degli obblighi previsti da questa convenzione. In realtà, queste
costruzioni considerano la portata applicativa della convenzione in modo
molto estensivo.
Per quanto riguarda le attività operative attuate dal nostro Stato,
occorre ricordare che negli ultimi anni l'Italia ha concluso numerosi
accordi bilaterali di riammissione o di cooperazione tra le forze di
polizia nei settori dell'immigrazione clandestina e della tratta di esseri
umani. Dal punto di vista formale la casistica è molto varia. In alcuni
casi si è trattato di accordi sottoposti a ratifica, in altri
l'approvazione è avvenuta in forma semplificata e, in altri casi ancora,
sono state concluse intese a carattere tecnico. Alcune volte, accanto alle
modalità di collaborazione previste, sono stati indicati progetti di
assistenza tecnica per il rafforzamento della vigilanza delle frontiere
dello Stato estero.
Roma, 16 gennaio 2007
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