UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

Corso Trieste, 36 - 00198 Roma - Tel. 06.852.622.01 - 06.852.622.02
Fax 06.852.622.03 - E-mail uilm@uil.it

COMUNICATO STAMPA
Uilm nazionale


SEMINARIO DELLA UILM NAZIONALE SULL'IMMIGRAZIONE
Relazione del prefetto Angela Pria                                                                           

Il fenomeno dell'Immigrazione clandestina nel nostro Paese si manifesta attraverso forme diversificate. I flussi di immigrati clandestini che oltrepassano in modo illecito le frontiere utilizzano i canali terrestri, quelli aerei e le aree marittime. L'attività di contrasto rientra nell'ambito delle competenze generali attribuite al Ministero dell'Interno. Mentre per le attività poste in essere sul territorio entrano in gioco in primo luogo le Forze di polizia, per il contenimento dei flussi di immigrati clandestini via mare vi sono competenze che coinvolgono enti di diversa natura (oltre alle Forze di polizia, anche la Marina Militare e le Capitanerie di porto).  
Molto consistenti gli interventi legislativi e organizzativi diretti a rendere più efficaci le attività di prevenzione e di repressione dell'immigrazione illegale via mare, il decreto interministeriale del 14 luglio 2003 e il relativo protocollo tecnico operativo che hanno posto le basi per una ripartizione più razionale delle competenze tra le autorità preposte ai controlli. In questo modo sono state fissate in dettaglio le modalità di intervento delle navi della Marina militare e di quelle appartenenti alle Capitanerie di porto e alle Forze di polizia.
Queste iniziative si collocano nell'ambito di un dibattito che, da alcuni anni, impegna le forze politiche del nostro Paese. Il tema relativo ai flussi di immigrati clandestini via mare costituisce un settore prioritario sia nei lavori delle istituzioni comunitarie, sia in seno ad organizzazioni internazionali a carattere universale quali l'IMO e le Nazioni Unite. Gli aspetti più rilevanti sui quali si sviluppa il confronto dialettico sono i seguenti: (1) il coordinamento tra le forze navali impegnate nella vigilanza; (2) la gestione degli emigranti individuati a bordo; (3) la possibile azione in alto mare da parte dello Stato costiero nei confronti dell'imbarcazione sospettata di trasportare clandestini; (4) la responsabilità dello Stato di bandiera o dello Stato di provenienza dell'imbarcazione.
Sono andate delineandosi nel tempo tante possibili soluzioni nel nostro ordinamento, sono state realizzate riforme importanti che hanno riguardato la disciplina dell'immigrazione e l'organizzazione delle attività di intervento in mare. A livello internazionale, la necessità di un approccio bilanciato e comune al fenomeno ha consentito la realizzazione, in tempi molto brevi, con l'entrata in vigore il 28 gennaio 2004, del protocollo aggiuntivo alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, relativo al trasporto illecito di emigranti. Sul piano europeo, la stessa esigenza ha determinato l'approvazione, durante il semestre di Presidenza italiana dell'Unione (su impulso della Presidenza italiana), di un programma di misure importanti per il rafforzamento delle frontiere marittime degli Stati membri, il coordinamento delle operazioni e l'adozione di iniziative nei luoghi da cui originano o transitano i flussi migratori illeciti. Seppure l'atto sia stato adottato attraverso uno strumento di "soft law", esso richiama le norme principali(comunitarie e internazionali) applicabili nella materia e rivolge una serie di raccomandazioni concrete agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie al fine di intraprendere azioni comuni e immediate.
L'obiettivo è quello di realizzare una "frontiera marittima virtuale" in grado di rafforzare quella legale degli Stati membri attraverso il coinvolgimento diretto delle autorità dei Paesi terzi.
La disciplina legislativa interna per la vigilanza, la prevenzione e il contrasto dell'immigrazione clandestina via mare è contenuta nel T.U. sull'immigrazione e la condizione dello straniero(decreto legislativo 286/98) come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n.189.
Al fine di dare attuazione a questa normativa (primaria), il decreto del 14 luglio 2003 approvato dai Ministri dell'Interno, della Difesa, dell'Economia e delle Finanze, delle Infrastrutture e dei Trasporti ha fissato i criteri per le attribuzioni di competenze tra le varie forze navali e ha stabilito una serie di adempimenti per le amministrazioni interessate.
L'attività in mare, svolta dalla Marina militare, dalle Forze di polizia e dalle capitanerie di porto è coordinata dalla Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere del Ministero dell'Interno. Quest'ultima istituita in base all'art.35 della legge n.189 del 2002 nell'ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha anche il compito di acquisire e analizzare tutte le informazioni attinenti al controllo, alla prevenzione e al contrasto dell'immigrazione clandestina via mare. Le unità navali e aeree devono informare la Direzione Centrale ogni qualvolta sia avvistata un'imbarcazione sospetta, così come sono tenute a fornire ad essa tutte le notizie utili all'individuazione di un trasporto illecito di emigranti. La Direzione Centrale è responsabile per la pianificazione degli interventi da effettuare, tenendo conto degli accordi o delle intese conseguite con il Paese di provenienza del natante sospetto.
L'attività di prevenzione si sviluppa attraverso tre canali: (1) cooperazione internazionale con i Paesi di origine dei flussi o interessati al transito; (2) controlli coordinati nelle acque internazionali con il contributo della Marina Militare, della Guardia di Finanza, delle Capitanerie di porto; (3) controlli coordinati nelle acque territoriali con i mezzi navali in servizio di polizia. Più precisamente, l'attività di vigilanza nelle acque territoriali è assicurata prevalentemente dalle Forze di Polizia, mentre le unità navali militari sono destinate a svolgere l'azione di controllo nelle acque internazionali. Le unità delle Capitanerie di porto possiedono una competenza preminente per gli interventi relativi alla sicurezza della navigazione, la ricerca e il soccorso. Sono confermate le competenze attribuite alle autorità provinciali di Pubblica Sicurezza in relazione al coordinamento delle attività di vigilanza delle acque interne e delle acque territoriali. In particolare, spetta ai Prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate dalle frontiere marittime il compito di promuovere le misure occorrenti allo svolgimento dei controlli e alla vigilanza da parte delle forze di polizia e degli altri organismi interessati. L'attività di coordinamento è posta in essere attraverso piani regionali adottati d'intesa con i Prefetti delle altre province, sentiti i Questori, i dirigenti delle zone di polizia di frontiera le autorità marittime e militari e i responsabili degli organi di polizia di livello provinciale.
Alle condizioni previste dalla normativa vigente le unità navali possono procedere all'effettuazione dell'inchiesta di bandiera, alla visita a bordo e al fermo dell'imbarcazione anche al fine di un loro possibile rinvio nei porti di provenienza; ma soprattutto, le operazioni devono essere sempre improntate alla salvaguardia della vita umana e al rispetto della dignità delle persone.
In base alle citate disposizioni legislative, la nave italiana in servizio di polizia che incontri nelle acque territoriali o nella zona contigua una nave di cui si abbia fondato motivo di ritenere che sia adibita, o coinvolta, nel trasporto illecito di emigranti può sottoporre la stessa alle procedure operative previste (inchiesta di bandiera, visita, ecc). Qualora vi siano elementi che confermino il traffico di emigranti, l'imbarcazione dovrà essere posta sotto sequestro e condotta in un porto dello Stato. Tali poteri possono essere esercitati anche al di fuori delle acque territoriali, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di un altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza.
Si tratta quindi di una disciplina conforme alla normativa internazionale vigente. E' noto, infatti, che la giurisdizione dello Stato costiero è completa nell'ambito delle proprie acque interne. La possibilità di effettuare controlli in materia di immigrazione nelle acque territoriali o nella zona contigua, e intraprendere le misure previste dalla legislazione nazionale, è espressamente sancita dalla convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982 sul diritto del mare.
In realtà, l'Italia non ha espressamente indicato la volontà di costituire una zona contigua. Tuttavia, le recenti modifiche al T.U. sull'immigrazione nel fare riferimento ad essa richiamano le attività che lo Stato costiero può esercitare per il contrasto dell'immigrazione clandestina. Inoltre, il decreto interministeriale del 14 luglio 2003 sancisce che: << al di là delle acque territoriali è stabilita una fascia di coordinamento che si estende fino al limite dell'area di mare internazionalmente definita come "zona contigua" nelle cui acque il coordinamento delle attività navali connesse al contrasto dell'immigrazione clandestina, in presenza di mezzi appartenenti a diverse amministrazioni, è affidato al Corpo della guardia di finanza>>. In sostanza, le attività che le forze dell'ordine sono tenute a svolgere nelle acque territoriali in materia di immigrazione dovranno essere attuate anche nei limiti previsti per la zona contigua.
L'impianto normativo vigente stabilisce che le attività operative devono assicurare prima di tutto la salvaguardia della vita umana. Le operazioni di soccorso in mare sono, dunque, preminenti rispetto a quelle di "law enforcement". Fatto salvo questo orientamento, sebbene sia in principio possibile intraprendere nella zona contigua misure finalizzate ad impedire l'ingresso della nave che trasporta immigrati clandestini nelle acque territoriali, il tenore letterale delle disposizioni del T.U. sull'immigrazione non sembra indirizzato verso lo svolgimento di operazioni di interdizione navale. Infatti, il comportamento dei pubblici ufficiali che individuano un'imbarcazione è codificato e obbliga all'esercizio della giurisdizione nazionale attraverso l'ispezione, il sequestro e il trasporto del mezzo in un porto italiano.
A completamento del quadro normativo appena descritto è necessario svolgere alcune osservazioni sui possibili problemi connessi con le procedure di asilo politico. Infatti, non è da escludere l'ipotesi che, insieme agli emigranti illegali presenti a bordo della nave diretta verso le acque territoriali italiane, possano esserci anche persone soggette a protezione internazionale ai sensi della convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato. Secondo alcuni orientamenti, l'eventuale azione interdittiva assunta in alto mare potrebbe determinare una violazione degli obblighi previsti da questa convenzione. In realtà, queste costruzioni considerano la portata applicativa della convenzione in modo molto estensivo.
Per quanto riguarda le attività operative attuate dal nostro Stato, occorre ricordare che negli ultimi anni l'Italia ha concluso numerosi accordi bilaterali di riammissione o di cooperazione tra le forze di polizia nei settori dell'immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani. Dal punto di vista formale la casistica è molto varia. In alcuni casi si è trattato di accordi sottoposti a ratifica, in altri l'approvazione è avvenuta in forma semplificata e, in altri casi ancora, sono state concluse intese a carattere tecnico. Alcune volte, accanto alle modalità di collaborazione previste, sono stati indicati progetti di assistenza tecnica per il rafforzamento della vigilanza delle frontiere dello Stato estero.


Roma, 16 gennaio 2007

 

 

 

torna all'homepage