UNIONE ITALIANA LAVORATORI METALMECCANICI

Corso Trieste, 36 - 00198 Roma - Tel. 06.852.622.01 - 06.852.622.02
Fax 06.852.622.03 - E-mail uilm@uil.it

COMUNICATO STAMPA
Uilm nazionale

SEMINARIO UILM SULL'IMMIGRAZIONE
Relazione introduttiva

IMMIGRAZIONE: CHE FARE?

I fenomeni migratori, come ci insegna la storia, non sono mai stati facili da governare e pongono interrogativi alla società ospitante su come rapportarsi con culture differenti. L'immigrazione in quanto tale può portare molta ricchezza, non solo economica, ma può divenire anche fonte di problemi concreti. Dobbiamo chiederci in sostanza che tipo di società avremo nei futuri anni. Una questione che il sindacato si deve porre poiché anche questa organizzazione può svolgere un importante ruolo nell'integrazione sociale.

ITALIA: DA PAESE DI EMIGRAZIONE A PAESE DI IMMIGRAZIONE

Il nostro paese in pochi anni si è trovato ad invertire la sua tendenza demografica: in un arco di tempo molto ristretto infatti, il numero degli immigrati ha superato il numero di emigranti. L'Italia è ormai da parecchi anni un Paese d'immigrazione che accoglie flussi di popolazione straniera sempre più consistenti: i saldi migratori positivi determinano in questo modo una popolazione in crescita.

Secondo l' ISTAT ( ricerca su "la popolazione straniera residente in Italia") al 1° gennaio 2006 gli stranieri residenti in Italia sono 2.670.514. Rispetto all'anno precedente gli iscritti all'anagrafe aumentano di 268.357 unità (+11,2%). L'incremento è inferiore a quello registrato nei due anni precedenti, quando l'aumento dei residenti stranieri era stato determinato in larga misura dagli ultimi provvedimenti di regolarizzazione (Legge n.189 del 30 luglio 2002, art. 33, e Legge n.222 del 9 ottobre 2002), grazie ai quali numerosi immigrati, già irregolarmente presenti in Italia, avevano potuto sanare la propria posizione e iscriversi successivamente all'anagrafe.

E' da ricordare che la crescita della popolazione straniera residente nel nostro paese è dovuta anche all'aumento dei nati di cittadinanza straniera (figli di genitori entrambi stranieri residenti in Italia).

Un altro dato interessante viene dall'esame della struttura per età degli stranieri residenti: emerge una popolazione piuttosto giovane (con una età media di soli 30,9 anni) se confrontata con la popolazione residente nel complesso, composta cioè da cittadini italiani e stranieri (42,5 anni).

IMMIGRAZIONE UN BENE O UN MALE?

I fenomeni migratori hanno una forte capacità di trasformare la vita di un paese: sono in grado di arricchirlo e di farlo progredire culturalmente, basta pensare agli Stati Uniti. I grandi flussi migratori di fine Ottocento hanno garantito la crescita economica dello stato americano, una crescita virtuosa che ha fatto di questo paese una straordinaria potenza economica e politica. Anche dal punto di vista culturale, nella letteratura, nel cinema, nella musica, gli Stati Uniti d'America hanno continuamente bisogno della presenza straniera.

L'immigrazione però se governata male è capace anche di creare esclusione sociale, devianza e criminalità.

Per fare un esempio, alla fine dell'ottocento erano numerose le organizzazioni mafiose italiane che attecchirono in america. Ma bastano alcuni dati statistici per capire che non si sta facendo del facile populismo.

In Italia a partire dagli anni 90 la quota di stranieri sul totale dei denunciati e dei condannati ha registrato una notevole crescita. Sono aumentati i reati contro il patrimonio e quelli violenti. Dal 1988 al 2000 gli stranieri sul totale dei denunciati per furto sono passati dal 14% al 40%, nel caso delle rapine dal 6% al 28%, nello sfruttamento della prostituzione dal 9% al 56% nel caso degli omicidi consumati dal 6% al 18%. Ricordiamo inoltre che solo in alcuni casi questi reati colpiscono gli italiani, mentre sempre più spesso le vittime sono proprio gli stranieri stessi.

LA MINACCIA DEL TERRORISMO IN EUROPA

Oggi però il problema si fa più urgente, in quanto oltre ai fenomeni su scritti, con l'era della globalizzazione, l'immigrazione ha portato con sé anche il terrorismo e la cultura dell'odio. E' un fatto presente soprattutto nel nostro continente, l'Europa, che si è trovata di fronte a questo problema senza neanche rendersene conto. L'Inghilterra ha subito nel 2005 un attentato e ne ha sventati altri, di cui uno l'estate scorsa. Quello che colpisce di più è il fatto che si è trattato di un terrorismo fatto in casa, ovvero organizzato da immigrati di seconda generazione, apparentemente integrati, ma che covano dentro di se un profondo odio tale da spingerli a compiere atti di omicidio spietato. Le periferie parigine e di altre città francesi negli ultimi mesi sono esplose. Per alcune settimane, infatti, episodi di guerriglia urbana con non pochi casi di razzismo, hanno messo a ferro e a fuoco le principali città francesi. L'Olanda, da sempre patria del multiculturalismo e della tolleranza, ha assistito all'omicidio di due esponenti di spicco di questa società: Pym Fortuyn e Theo Van Gogh, l'uno un politico e l'altro regista, entrambi fortemente critici nei confronti della cultura islamica.
Tutto questo a dimostrazione ancora una volta di una Europa senza spina dorsale: lentissima a capire i pericoli e inetta nell'affrontarli. E' il fallimento del multicuralismo.

I SINTOMI NEL NOSTRO PAESE

E' un malessere che sta dando i suoi sintomi anche in Italia.

Tra i numerosi episodi avvenuti di recente quello che ha colpito di più l'opinione pubblica italiana è stato l'assasinio di Hina Saleem, la ragazza Pakistana uccisa nel bresciano. Hina voleva integrarsi nella società italiana ma è stata uccisa con un omicidio premeditato organizzato dal padre e dall'intero clan maschile della famiglia. Insomma quello che è avvenuto è stato una condanna a morte più che l'uccisione di un padre iracondo e geloso. Preoccupanti sono state le giustificazioni dell'atto da parte di alcuni intervistati che abitano nel vicinato della famiglia. Tutto questo a testimonianza di una cultura che non ha interiorizzato le leggi dello Stato Italiano.
C'è un filo sottile inoltre che lega questo fenomeno appena descritto con molti altri. Sintomi diversi ma dipendenti tutti dallo stesso male. La nostra rivista, FabbricaSocietà, aveva già denunciato le bandiere d'Israele bruciate in un corteo "per la pace"; un episodio mai avvenuto fino ad allora in questo paese. Nel 2006 durante una manifestazione ad Assisi, sempre "per la pace", sono comparsi i cartelli inneggianti il leader del gruppo terroristico Hezbollah, Hassan Nasrallah. Per capirci colui che provocò la recente guerra in Libano. Per non parlare delle proteste contro le vignette comparse su un giornale danese e contro le dichiarazioni del Papa all'università di Regensburg.

Proteste trasformatesi immediatamente in odio feroce nei confronti di tutto ciò che non è islamico e quindi palesemente strumentalizzate e organizzate dai predicatori dell'odio.

E' oramai troppo chiaro che non si tratta di una reazione bensì di un'aggressione ai valori e all'identità dell'Occidente da parte di un fronte islamico avvelenato dall'ideologia dell'odio.

Siamo convinti che in tutte le religioni esistano valori a difesa della vita e dobbiamo lottare con tutte le nostre forze affinché in questa guerra intestina all'Islam prevalga la parte non fondamentalista e rispettosa delle religioni altrui.

La cultura nichilista covata all'interno del nostro paese mira alla destabilizzazione della società laica e democratica. Si diffonde all'interno di moschee politicizzate, con l'obiettivo di creare una visione del mondo integralista e fanatica. Il fine è quello di reprimere proprio i mussulmani che vogliono integrarsi e indottrinarli ad una cultura teocratica, antisemita e maschilista.
Ma il nostro paese, dopo la tragica esperienza del ventennio fascista, non può permettersi la crescita al suo interno di organizzazioni con questi intenti politici. Associazioni che cercano di porsi come unici rappresentanti dell'Islam, cercando autorevolezza attraverso alleanze elettorali con partiti della sinistra italiana.

E' in quest'ottica, bene ha fatto il Ministro dell'Interno Giuliano Amato nel controllare i finanziamenti alle moschee e garantire una logica di trasparenza dei finanziamenti alle organizzazioni islamiche provenienti dall'estero. Oggi infatti una buona parte degli integralisti e degli estremisti islamici controlla le moschee italiana. Ma è da ricordare che solo il 10% dei mussulmani italiani frequenta abitualmente le moschee. Il restante 90% rimane a tutt'oggi un humus indefinito. Ma l'indifferenza di fronte a questo problema rischia di creare una Europa con minoranze etniche e religiose a lei ostile.

PAROLA D'ORDINE: INTEGRAZIONE

L'integrazione invece deve divenire un obbligo e non un fatto facoltativo. E' un dovere che dovrebbe compiere l'immigrato che entra in Italia ed una priorità che dovrebbe entrare nella agenda del Governo Italiano.

Proprio per questo apprezziamo l'appello della UIL su una "Governance dell'Immigrazione" per affrontare le sfide dell'integrazione sociale, scolastica, culturale e per vere e buone politiche di cittadinanza. In tutte le province sono stati aperti "sportelli" immigrazione, con l'integrazione dei servizi per e con gli immigrati, come il patronato Ital per dare a moltissimi immigrati responsabilità politiche nell'organizzazione.

Ma nel frattempo dobbiamo anche denunciare i limiti delle leggi che fino ad oggi hanno governato l'immigrazione.

I LIMITI DELLA LEGISLAZIONE ITALIANA

La legge Turco Napolitano (40 / 1998) emanata durante il primo governo Prodi ha introdotto norme relative ai controlli di frontiera come l'allontanamento immediato degli stranieri intercettati nel corso di un ingresso clandestino e, è bene ricordarlo, la creazione di appositi centri per gli stranieri da espellere. Sono stati coinvolti gli stati di origine introducendo in questo modo un primo approccio per la determinazione delle quote di ingressi. Era stato introdotto inoltre il meccanismo dello "sponsor": un cittadino o uno straniero residente, ma anche un'associazione o un ente locale, potevano richiedere l'ingresso di uno straniero privo di un contratto di lavoro assumendosi la responsabilità del mantenimento nel periodo di ricerca di un lavoro.

Ma il principale fallimento di questa legge è stato proprio quello della stabilizzazione della popolazione straniera. I diversi governi di centrosinistra evitarono inoltre accuratamente di affrontare la riforma dell'attuale legge sulla cittadinanza italiana, rinunciando cosi esplicitamente ad una politica d'integrazione di lungo periodo.

La stessa legge Bossi Fini ( 189/ 2002) varata durante il secondo governo Berlusconi, ha introdotto alcune significative novità restrittive in tema di controllo degli stranieri, lasciando tuttavia formalmente inalterate le norme relative alle politiche di integrazione.

La legge in particolare è tutta incentrata al contrasto dell' immigrazione irregolare. Queste norme hanno scatenato una vivace polemica politica, ed è diventata per alcuni osservatori una legge xenofoba e razzista. Bisogna ricordare però che misure simili sono in vigore in molti paesi democratici.

Anche Luciano Violante, esponente di spicco dei Democratici di Sinistra, ha presentato pochi mesi addietro una proposta di legge che conferma le impronte digitali obbligatorie per gli immigrati e introduce l'arresto per chi le altera producendo in questo modo falsa attestazione sull'identità.

Il problema della Bossi Fini è che ha avuto piuttosto il risultato contrario di quello che voleva ottenere. Il rischio è che si crei un ulteriore incentivo all'immigrazione irregolare, come dimostrato dalle grandi dimensioni della sanatoria promossa nell'autunno del 2002, che ha visto un numero di domande superiore a quello di tutte le precedenti sanatorie insieme.

Introducendo disincentivi all'ingresso regolare si rischia di instaurare segmenti di immigrazione irregolare.

Da una parte quindi la legge Bossi Fini è meno radicale di quanto la retorica ( sia di destra che di sinistra) potrebbe far pensare.

Dall'altra mostra i suoi limiti nel contrasto dell'immigrazione irregolare, soprattutto dal punto di vista dell'integrazione. Manca inoltre una politica realistica di integrazione per le seconde generazioni, nate e cresciute nel nostro paese.

SUPERARE L'ATTUALE DIBATTITO SULL'INGRESSO

Va superato una volta per tutte il dibattito su "quanti devono essere gli immigrati" nel nostro paese. Il dibattito non può essere appiattito su questi temi. E' estremamente riduttivo pensare che i problemi dell'immigrazione si possano risolvere o chiudendo i Centri di Permanenza Temporanea da una parte o chiudendo le nostre frontiere dall'altra.

Gli Stati Uniti, paese composto prevalentemente da immigrati, ha posto inizialmente il problema dell'adesione da parte degli immigrati all'identità nazionale e solo successivamente si è preoccupato di produrre leggi in grado di regolare i flussi migratori.

Proprio così, l'originario gruppo composto dagli Anglosassoni e da altre minoranze europee ha nei fatti accettato di divenire minoritario nel paese.

La difficoltà di gestione del fenomeno immigratorio in Italia è dovuto quindi proprio alla nostra crisi etica, dei valori e dell'identità nazionale.

SCEGLIERE UN MODELLO DI INTEGRAZIONE

Ma il limite dei nostri governi è stato proprio quello dell'incapacità di identificare un modello normativo dell'integrazione. Oggi è necessario un approccio nazionale al problema sul modello di convivenza che vogliamo adottare.

Gli immigrati quindi non possono ottenere la cittadinanza solamente con la dimostrazione di aver trascorso un certo numero di anni da residente in Italia. Affinché l'immigrato diventi cittadino italiano sono necessari alcuni criteri che garantiscano la fedeltà allo Stato Italiano.

Alcuni di questi criteri sono oramai divenuti fondamentali: la conoscenza della lingua, della cultura della storia e dell'educazione civica italiana, la condivisione dei valori e l'adesione all'identità nazionale.

MINISTERO DELL'INTEGRAZIONE

Magdi Allam, a tal proposito nel suo ultimo libro "Io amo l'Italia" propone l'istituzione di un Ministero per l'Integrazione che ha il compito di far divenire l'immigrato parte integrante della realtà giuridica economica di un paese. A partire proprio dalla lingua come elemento determinante della cultura italiana. Come ben scrive l'autorevole giornalista del Corriere della Sera tale Ministero deve avere il compito di definire, pianificare, sovrintendere e finanziare una via italiana all' integrazione, affermare e valorizzare l'identità nazionale, perseguire il traguardo della cittadinanza secondo un nuovo modello di convivenza sociale e di società italiana.

Una proposta brillante e innovativa che speriamo venga ascoltata dai politici di questo paese.

PARTECIPAZIONE ALLA SOCIETA' CIVILE

Ma il compito di questo lavoro, ovvero di integrare i nuovi immigrati con il paese che ospita non può spettare solamente alle organizzazioni statali.

Anche la società civile ha l'obbligo morale di relazionarsi con le diversità eliminando il più possibile l'emarginazione e l'esclusione sociale.

Alcuni comuni italiani hanno istituito una consulta per gli stranieri, eletta dai titolari di permesso di soggiorno e con funzione consultiva. Un altro istituto di cui si sono dotati alcuni comuni è quella del consigliere aggiunto. Sono entrambe forme di consultazione molto poco diffuse. Gli immigrati residenti nel Comune di Roma ad esempio, hanno recentemente votato a dicembre per eleggere quattro consiglieri aggiunti: un ruolo più formale che altro in quanto il consigliere avrebbe diritto di parola ma non di voto. Proprio per questo forse, la maggioranza degli immigrati ha diffidato di questa iniziativa. L'affluenza quindi è stata molto bassa.

RUOLO DEL SINDACATO E DELLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE

L'integrazione di conseguenza deve essere un fenomeno quotidiano che non si può esprimere solamente con la partecipazione a delle elezioni politiche o amministrative. Proprio per questo il Sindacato oggi si deve assumere questo compito in quanto, assieme alla Chiesa, è l'unica organizzazione sociale e non statale ad essere radicata e ramificata capillarmente in tutto il territorio italiano.
La nostra organizzazione sindacale in particolare, è l'unica che ha condannato il terrorismo senza se e senza ma. E' un'organizzazione che ha fatto della laicità la sua carta d'identità e che rimane disposta ad aprirsi alle diversità culturali e religiose senza mettere in discussione i valori laici e democratici che la contraddistinguono.

Basta una semplice statistica per capire che è proprio nel "mondo del lavoro" dove vivono principalmente gli immigrati: al 31/12/2005 gli stranieri residenti sul totale della popolazione sono il 4,5%, mentre gli occupati stranieri sul totale degli occupati sono il 10,5%.

La conoscenza della lingua deve essere oggetto di maggiore attenzione nel contratto collettivo metalmeccanico.

Se pensiamo alla facilità con la quale gli immigrati in Inghilterra si siano inseriti nel tessuto economico e di quanto questo sia dovuto alla possibilità di comunicare con una lingua, quella inglese, di larga diffusione e di facile comprensione. Gli immigrati in questo modo avranno la possibilità di uscire dai lavori di bassa professionalità e di conseguenza dall'esclusione sociale.

Già nell' ultimo contratto normativo siglato separatamente da FIM e UILM in assenza della FIOM è stato esteso ed implementato il cosiddetto diritto della 150 ore ai corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri.

Più in generale, il sindacato, e per quanto ci riguarda UIL e UILM devono impegnarsi per la parità dei diritti degli immigrati all'interno dei luoghi di lavoro e della loro accoglienza al di fuori dell'ambito lavorativo in senso stretto.
A partire dalle difficoltà quotidiane che già noi lavoratori italiani affrontiamo e che si amplificano quando sei un lavoratore straniero: dal problema dell'alloggio, a quello dei rapporti con la pubblica amministrazione e con la sanità. Dobbiamo intervenire anche negli ulteriori problemi specifici che un lavoratore straniero deve affrontare: rinnovo del permesso di soggiorno, ricongiungimento familiare e procedure per l'acquisizione della cittadinanza italiana.

Il rischio di trovare sacche di immigrati sfruttati nei luoghi di lavoro e indottrinati dai predicatori dell'odio è troppo forte nel nostro paese, e noi come Sindacato dobbiamo opporci con tutte le nostre forze.

Ufficio Stampa UILM
Roma,  16 gennaio  2007

 

torna all'homepage