COMUNICATO
STAMPA
Uilm
nazionale
SEMINARIO UILM SULL'IMMIGRAZIONE
Relazione introduttiva
IMMIGRAZIONE: CHE FARE?
I fenomeni migratori, come ci insegna la storia, non
sono mai stati facili da governare e pongono interrogativi alla società
ospitante su come rapportarsi con culture differenti. L'immigrazione in
quanto tale può portare molta ricchezza, non solo economica, ma può
divenire anche fonte di problemi concreti. Dobbiamo chiederci in sostanza
che tipo di società avremo nei futuri anni. Una questione che il
sindacato si deve porre poiché anche questa organizzazione può svolgere
un importante ruolo nell'integrazione sociale.
ITALIA: DA PAESE DI EMIGRAZIONE A PAESE DI
IMMIGRAZIONE
Il nostro paese in pochi anni si è trovato ad
invertire la sua tendenza demografica: in un arco di tempo molto ristretto
infatti, il numero degli immigrati ha superato il numero di emigranti.
L'Italia è ormai da parecchi anni un Paese d'immigrazione che accoglie
flussi di popolazione straniera sempre più consistenti: i saldi migratori
positivi determinano in questo modo una popolazione in crescita.
Secondo l' ISTAT ( ricerca su "la popolazione
straniera residente in Italia") al 1° gennaio 2006 gli stranieri
residenti in Italia sono 2.670.514. Rispetto all'anno precedente gli
iscritti all'anagrafe aumentano di 268.357 unità (+11,2%). L'incremento
è inferiore a quello registrato nei due anni precedenti, quando l'aumento
dei residenti stranieri era stato determinato in larga misura dagli ultimi
provvedimenti di regolarizzazione (Legge n.189 del 30 luglio 2002, art.
33, e Legge n.222 del 9 ottobre 2002), grazie ai quali numerosi immigrati,
già irregolarmente presenti in Italia, avevano potuto sanare la propria
posizione e iscriversi successivamente all'anagrafe.
E' da ricordare che la crescita della popolazione
straniera residente nel nostro paese è dovuta anche all'aumento dei nati
di cittadinanza straniera (figli di genitori entrambi stranieri residenti
in Italia).
Un altro dato interessante viene dall'esame della
struttura per età degli stranieri residenti: emerge una popolazione
piuttosto giovane (con una età media di soli 30,9 anni) se confrontata
con la popolazione residente nel complesso, composta cioè da cittadini
italiani e stranieri (42,5 anni).
IMMIGRAZIONE UN BENE O UN MALE?
I fenomeni migratori hanno una forte capacità di
trasformare la vita di un paese: sono in grado di arricchirlo e di farlo
progredire culturalmente, basta pensare agli Stati Uniti. I grandi flussi
migratori di fine Ottocento hanno garantito la crescita economica dello
stato americano, una crescita virtuosa che ha fatto di questo paese una
straordinaria potenza economica e politica. Anche dal punto di vista
culturale, nella letteratura, nel cinema, nella musica, gli Stati Uniti
d'America hanno continuamente bisogno della presenza straniera.
L'immigrazione però se governata male è capace anche
di creare esclusione sociale, devianza e criminalità.
Per fare un esempio, alla fine dell'ottocento erano
numerose le organizzazioni mafiose italiane che attecchirono in america.
Ma bastano alcuni dati statistici per capire che non si sta facendo del
facile populismo.
In Italia a partire dagli anni 90 la quota di
stranieri sul totale dei denunciati e dei condannati ha registrato una
notevole crescita. Sono aumentati i reati contro il patrimonio e quelli
violenti. Dal 1988 al 2000 gli stranieri sul totale dei denunciati per
furto sono passati dal 14% al 40%, nel caso delle rapine dal 6% al 28%,
nello sfruttamento della prostituzione dal 9% al 56% nel caso degli
omicidi consumati dal 6% al 18%. Ricordiamo inoltre che solo in alcuni
casi questi reati colpiscono gli italiani, mentre sempre più spesso le
vittime sono proprio gli stranieri stessi.
LA MINACCIA DEL TERRORISMO IN EUROPA
Oggi però il problema si fa più urgente, in quanto
oltre ai fenomeni su scritti, con l'era della globalizzazione,
l'immigrazione ha portato con sé anche il terrorismo e la cultura
dell'odio. E' un fatto presente soprattutto nel nostro continente,
l'Europa, che si è trovata di fronte a questo problema senza neanche
rendersene conto. L'Inghilterra ha subito nel 2005 un attentato e ne ha
sventati altri, di cui uno l'estate scorsa. Quello che colpisce di più è
il fatto che si è trattato di un terrorismo fatto in casa, ovvero
organizzato da immigrati di seconda generazione, apparentemente integrati,
ma che covano dentro di se un profondo odio tale da spingerli a compiere
atti di omicidio spietato. Le periferie parigine e di altre città
francesi negli ultimi mesi sono esplose. Per alcune settimane, infatti,
episodi di guerriglia urbana con non pochi casi di razzismo, hanno messo a
ferro e a fuoco le principali città francesi. L'Olanda, da sempre patria
del multiculturalismo e della tolleranza, ha assistito all'omicidio di due
esponenti di spicco di questa società: Pym Fortuyn e Theo Van Gogh, l'uno
un politico e l'altro regista, entrambi fortemente critici nei confronti
della cultura islamica.
Tutto questo a dimostrazione ancora una volta di una Europa senza spina
dorsale: lentissima a capire i pericoli e inetta nell'affrontarli. E' il
fallimento del multicuralismo.
I SINTOMI NEL NOSTRO PAESE
E' un malessere che sta dando i suoi sintomi anche in
Italia.
Tra i numerosi episodi avvenuti di recente quello che
ha colpito di più l'opinione pubblica italiana è stato l'assasinio di
Hina Saleem, la ragazza Pakistana uccisa nel bresciano. Hina voleva
integrarsi nella società italiana ma è stata uccisa con un omicidio
premeditato organizzato dal padre e dall'intero clan maschile della
famiglia. Insomma quello che è avvenuto è stato una condanna a morte
più che l'uccisione di un padre iracondo e geloso. Preoccupanti sono
state le giustificazioni dell'atto da parte di alcuni intervistati che
abitano nel vicinato della famiglia. Tutto questo a testimonianza di una
cultura che non ha interiorizzato le leggi dello Stato Italiano.
C'è un filo sottile inoltre che lega questo fenomeno appena descritto con
molti altri. Sintomi diversi ma dipendenti tutti dallo stesso male. La
nostra rivista, FabbricaSocietà, aveva già denunciato le bandiere
d'Israele bruciate in un corteo "per la pace"; un episodio mai
avvenuto fino ad allora in questo paese. Nel 2006 durante una
manifestazione ad Assisi, sempre "per la pace", sono comparsi i
cartelli inneggianti il leader del gruppo terroristico Hezbollah, Hassan
Nasrallah. Per capirci colui che provocò la recente guerra in Libano. Per
non parlare delle proteste contro le vignette comparse su un giornale
danese e contro le dichiarazioni del Papa all'università di Regensburg.
Proteste trasformatesi immediatamente in odio feroce
nei confronti di tutto ciò che non è islamico e quindi palesemente
strumentalizzate e organizzate dai predicatori dell'odio.
E' oramai troppo chiaro che non si tratta di una
reazione bensì di un'aggressione ai valori e all'identità dell'Occidente
da parte di un fronte islamico avvelenato dall'ideologia dell'odio.
Siamo convinti che in tutte le religioni esistano
valori a difesa della vita e dobbiamo lottare con tutte le nostre forze
affinché in questa guerra intestina all'Islam prevalga la parte non
fondamentalista e rispettosa delle religioni altrui.
La cultura nichilista covata all'interno del nostro
paese mira alla destabilizzazione della società laica e democratica. Si
diffonde all'interno di moschee politicizzate, con l'obiettivo di creare
una visione del mondo integralista e fanatica. Il fine è quello di
reprimere proprio i mussulmani che vogliono integrarsi e indottrinarli ad
una cultura teocratica, antisemita e maschilista.
Ma il nostro paese, dopo la tragica esperienza del ventennio fascista, non
può permettersi la crescita al suo interno di organizzazioni con questi
intenti politici. Associazioni che cercano di porsi come unici
rappresentanti dell'Islam, cercando autorevolezza attraverso alleanze
elettorali con partiti della sinistra italiana.
E' in quest'ottica, bene ha fatto il Ministro
dell'Interno Giuliano Amato nel controllare i finanziamenti alle moschee e
garantire una logica di trasparenza dei finanziamenti alle organizzazioni
islamiche provenienti dall'estero. Oggi infatti una buona parte degli
integralisti e degli estremisti islamici controlla le moschee italiana. Ma
è da ricordare che solo il 10% dei mussulmani italiani frequenta
abitualmente le moschee. Il restante 90% rimane a tutt'oggi un humus
indefinito. Ma l'indifferenza di fronte a questo problema rischia di
creare una Europa con minoranze etniche e religiose a lei ostile.
PAROLA D'ORDINE: INTEGRAZIONE
L'integrazione invece deve divenire un obbligo e non
un fatto facoltativo. E' un dovere che dovrebbe compiere l'immigrato che
entra in Italia ed una priorità che dovrebbe entrare nella agenda del
Governo Italiano.
Proprio per questo apprezziamo l'appello della UIL su
una "Governance dell'Immigrazione" per affrontare le sfide
dell'integrazione sociale, scolastica, culturale e per vere e buone
politiche di cittadinanza. In tutte le province sono stati aperti
"sportelli" immigrazione, con l'integrazione dei servizi per e
con gli immigrati, come il patronato Ital per dare a moltissimi immigrati
responsabilità politiche nell'organizzazione.
Ma nel frattempo dobbiamo anche denunciare i limiti
delle leggi che fino ad oggi hanno governato l'immigrazione.
I LIMITI DELLA LEGISLAZIONE ITALIANA
La legge Turco Napolitano (40 / 1998) emanata durante
il primo governo Prodi ha introdotto norme relative ai controlli di
frontiera come l'allontanamento immediato degli stranieri intercettati nel
corso di un ingresso clandestino e, è bene ricordarlo, la creazione di
appositi centri per gli stranieri da espellere. Sono stati coinvolti gli
stati di origine introducendo in questo modo un primo approccio per la
determinazione delle quote di ingressi. Era stato introdotto inoltre il
meccanismo dello "sponsor": un cittadino o uno straniero
residente, ma anche un'associazione o un ente locale, potevano richiedere
l'ingresso di uno straniero privo di un contratto di lavoro assumendosi la
responsabilità del mantenimento nel periodo di ricerca di un lavoro.
Ma il principale fallimento di questa legge è stato
proprio quello della stabilizzazione della popolazione straniera. I
diversi governi di centrosinistra evitarono inoltre accuratamente di
affrontare la riforma dell'attuale legge sulla cittadinanza italiana,
rinunciando cosi esplicitamente ad una politica d'integrazione di lungo
periodo.
La stessa legge Bossi Fini ( 189/ 2002) varata durante
il secondo governo Berlusconi, ha introdotto alcune significative novità
restrittive in tema di controllo degli stranieri, lasciando tuttavia
formalmente inalterate le norme relative alle politiche di integrazione.
La legge in particolare è tutta incentrata al
contrasto dell' immigrazione irregolare. Queste norme hanno scatenato una
vivace polemica politica, ed è diventata per alcuni osservatori una legge
xenofoba e razzista. Bisogna ricordare però che misure simili sono in
vigore in molti paesi democratici.
Anche Luciano Violante, esponente di spicco dei
Democratici di Sinistra, ha presentato pochi mesi addietro una proposta di
legge che conferma le impronte digitali obbligatorie per gli immigrati e
introduce l'arresto per chi le altera producendo in questo modo falsa
attestazione sull'identità.
Il problema della Bossi Fini è che ha avuto piuttosto
il risultato contrario di quello che voleva ottenere. Il rischio è che si
crei un ulteriore incentivo all'immigrazione irregolare, come dimostrato
dalle grandi dimensioni della sanatoria promossa nell'autunno del 2002,
che ha visto un numero di domande superiore a quello di tutte le
precedenti sanatorie insieme.
Introducendo disincentivi all'ingresso regolare si
rischia di instaurare segmenti di immigrazione irregolare.
Da una parte quindi la legge Bossi Fini è meno
radicale di quanto la retorica ( sia di destra che di sinistra) potrebbe
far pensare.
Dall'altra mostra i suoi limiti nel contrasto
dell'immigrazione irregolare, soprattutto dal punto di vista
dell'integrazione. Manca inoltre una politica realistica di integrazione
per le seconde generazioni, nate e cresciute nel nostro paese.
SUPERARE L'ATTUALE DIBATTITO SULL'INGRESSO
Va superato una volta per tutte il dibattito su
"quanti devono essere gli immigrati" nel nostro paese. Il
dibattito non può essere appiattito su questi temi. E' estremamente
riduttivo pensare che i problemi dell'immigrazione si possano risolvere o
chiudendo i Centri di Permanenza Temporanea da una parte o chiudendo le
nostre frontiere dall'altra.
Gli Stati Uniti, paese composto prevalentemente da
immigrati, ha posto inizialmente il problema dell'adesione da parte degli
immigrati all'identità nazionale e solo successivamente si è preoccupato
di produrre leggi in grado di regolare i flussi migratori.
Proprio così, l'originario gruppo composto dagli
Anglosassoni e da altre minoranze europee ha nei fatti accettato di
divenire minoritario nel paese.
La difficoltà di gestione del fenomeno immigratorio
in Italia è dovuto quindi proprio alla nostra crisi etica, dei valori e
dell'identità nazionale.
SCEGLIERE UN MODELLO DI INTEGRAZIONE
Ma il limite dei nostri governi è stato proprio
quello dell'incapacità di identificare un modello normativo
dell'integrazione. Oggi è necessario un approccio nazionale al problema
sul modello di convivenza che vogliamo adottare.
Gli immigrati quindi non possono ottenere la
cittadinanza solamente con la dimostrazione di aver trascorso un certo
numero di anni da residente in Italia. Affinché l'immigrato diventi
cittadino italiano sono necessari alcuni criteri che garantiscano la
fedeltà allo Stato Italiano.
Alcuni di questi criteri sono oramai divenuti
fondamentali: la conoscenza della lingua, della cultura della storia e
dell'educazione civica italiana, la condivisione dei valori e l'adesione
all'identità nazionale.
MINISTERO DELL'INTEGRAZIONE
Magdi Allam, a tal proposito nel suo ultimo libro
"Io amo l'Italia" propone l'istituzione di un Ministero per
l'Integrazione che ha il compito di far divenire l'immigrato parte
integrante della realtà giuridica economica di un paese. A partire
proprio dalla lingua come elemento determinante della cultura italiana.
Come ben scrive l'autorevole giornalista del Corriere della Sera tale
Ministero deve avere il compito di definire, pianificare, sovrintendere e
finanziare una via italiana all' integrazione, affermare e valorizzare
l'identità nazionale, perseguire il traguardo della cittadinanza secondo
un nuovo modello di convivenza sociale e di società italiana.
Una proposta brillante e innovativa che speriamo venga
ascoltata dai politici di questo paese.
PARTECIPAZIONE ALLA SOCIETA' CIVILE
Ma il compito di questo lavoro, ovvero di integrare i
nuovi immigrati con il paese che ospita non può spettare solamente alle
organizzazioni statali.
Anche la società civile ha l'obbligo morale di
relazionarsi con le diversità eliminando il più possibile
l'emarginazione e l'esclusione sociale.
Alcuni comuni italiani hanno istituito una consulta
per gli stranieri, eletta dai titolari di permesso di soggiorno e con
funzione consultiva. Un altro istituto di cui si sono dotati alcuni comuni
è quella del consigliere aggiunto. Sono entrambe forme di consultazione
molto poco diffuse. Gli immigrati residenti nel Comune di Roma ad esempio,
hanno recentemente votato a dicembre per eleggere quattro consiglieri
aggiunti: un ruolo più formale che altro in quanto il consigliere avrebbe
diritto di parola ma non di voto. Proprio per questo forse, la maggioranza
degli immigrati ha diffidato di questa iniziativa. L'affluenza quindi è
stata molto bassa.
RUOLO DEL SINDACATO E DELLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE
L'integrazione di conseguenza deve essere un fenomeno
quotidiano che non si può esprimere solamente con la partecipazione a
delle elezioni politiche o amministrative. Proprio per questo il Sindacato
oggi si deve assumere questo compito in quanto, assieme alla Chiesa, è
l'unica organizzazione sociale e non statale ad essere radicata e
ramificata capillarmente in tutto il territorio italiano.
La nostra organizzazione sindacale in particolare, è l'unica che ha
condannato il terrorismo senza se e senza ma. E' un'organizzazione che ha
fatto della laicità la sua carta d'identità e che rimane disposta ad
aprirsi alle diversità culturali e religiose senza mettere in discussione
i valori laici e democratici che la contraddistinguono.
Basta una semplice statistica per capire che è
proprio nel "mondo del lavoro" dove vivono principalmente gli
immigrati: al 31/12/2005 gli stranieri residenti sul totale della
popolazione sono il 4,5%, mentre gli occupati stranieri sul totale degli
occupati sono il 10,5%.
La conoscenza della lingua deve essere oggetto di
maggiore attenzione nel contratto collettivo metalmeccanico.
Se pensiamo alla facilità con la quale gli immigrati
in Inghilterra si siano inseriti nel tessuto economico e di quanto questo
sia dovuto alla possibilità di comunicare con una lingua, quella inglese,
di larga diffusione e di facile comprensione. Gli immigrati in questo modo
avranno la possibilità di uscire dai lavori di bassa professionalità e
di conseguenza dall'esclusione sociale.
Già nell' ultimo contratto normativo siglato
separatamente da FIM e UILM in assenza della FIOM è stato esteso ed
implementato il cosiddetto diritto della 150 ore ai corsi di lingua
italiana per i lavoratori stranieri.
Più in generale, il sindacato, e per quanto ci
riguarda UIL e UILM devono impegnarsi per la parità dei diritti degli
immigrati all'interno dei luoghi di lavoro e della loro accoglienza al di
fuori dell'ambito lavorativo in senso stretto.
A partire dalle difficoltà quotidiane che già noi lavoratori italiani
affrontiamo e che si amplificano quando sei un lavoratore straniero: dal
problema dell'alloggio, a quello dei rapporti con la pubblica
amministrazione e con la sanità. Dobbiamo intervenire anche negli
ulteriori problemi specifici che un lavoratore straniero deve affrontare:
rinnovo del permesso di soggiorno, ricongiungimento familiare e procedure
per l'acquisizione della cittadinanza italiana.
Il rischio di trovare sacche di immigrati sfruttati
nei luoghi di lavoro e indottrinati dai predicatori dell'odio è troppo
forte nel nostro paese, e noi come Sindacato dobbiamo opporci con tutte le
nostre forze.
Ufficio Stampa UILM
Roma, 16 gennaio 2007
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