Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO VIII - n° 2 aprile 2003
Come si distrugge
una fabbrica
Intorno all'anno 1948 nasce il primo nucleo della San
Giorgio. E' un piccolo distaccamento dell'Ansaldo di Genova collocato a
nord della città di La Spezia in località Scorza. Il compito di questo
piccolo nucleo, di appena 15 persone, è di progettare nuovi sistemi di
punterie per aerei, carri armati, cannoni navali e una ricerca avanzata
sui propellenti liquidi. In quegli anni presso la sua Sede si
avvicendarono importanti personalità della scienza e della ricerca fra
questi spiccò, per rinomanza, il padre putativo - nel senso dello
studio - di Von Braun, futuro padre della missilistica statunitense.
Nell'anno 1954 i massimi vertici di Roma e Genova furono concordi di
trasformare la produzione, del piccolo nucleo industriale spezzino, da
militare a beni voluttuari quali ventilatori, aspirapolvere,
lucidatrici. Essendo in quel tempo poco sviluppata l'industria dei
piccoli elettrodomestici fu, gioco forza, per la San Giorgio crearsi un
reparto di studio r sviluppo dei motori a frazioni di potenza, da
utilizzare su i suoi prodotti. Lo Stabilimento, avendo necessità di un
ampio spazio per creare catene di montaggio e stoccaggio del prodotto
finito, fu traslocato a sud della città e precisamente nella frazione
di Melara sua attuale collocazione. Negli anni che seguirono 1956/1960
lo Stabilimento si fece conoscere per la qualità dei suoi prodotti e le
innovazioni realizzate su lucidatrici, aspirapolvere, ventilatori da
tavolo e a colonna che ancora oggi sono così tecnicamente attuali che,
senza tema di smentita, si possono ritenere patrimonio di tutti. Dopo i
successi sopra esposti fu evidente la domanda, da parte del mercato, di
una lavabiancheria che riportasse il nostro logo. In questi anni, dietro
la richiesta decisa e convinta di tutte le maestranze, la san Giorgio
riuscì ad acquisire l'indipendenza da Genova diventando di fatto una
entità vera e propria. Il decennio successivo fu per lo stabilimento
San Giorgio (nel frattempo il suo marchio s'era arricchito della parola
elettrodomestici) un susseguirsi di successi. Nel 1971, a seguito di una
generale crisi di mercato ed a scelte sbagliate della Direzione
Generale, si pensò di potenziare lo stabilimento investendo su un solo
prodotto: fu scelta la lavabiancheria. Si passò a produrre dalle 150
macchine giornaliere del 1963 alle 1100 del 1971 e alle 2200 degli
ultimi anni. Gli operatori, nel frattempo, passarono da circa 200 ad
oltre 800. La San Giorgio Elettrodomestici ebbe la necessità di aprire
filiali a Torino, Milano, Roma, Napoli, Catania. Dopo alterne vicende e
relativa giostra di direttori e amministratori unici la Finmeccanica,
per evidenti giochi politici, pensò di collocare la fabbrica sul
mercato pur sapendo che (insieme ad altre quarantanove aziende del
gruppo di cui anche l'Oto Melara ne faceva parte) i nostri bilanci
annuali erano più che attivi. La notizia (in quei tempi le fabbriche
dell'IRI brillavano per le loro perdite) fu riportata sul quotidiano
"Il Corriere della Sera" chiamando tale realtà produttive
" le cinquanta perle dell'industria di Stato". L'Azienda fu
acquistata, nell'ottobre 1984, dalla famiglia Nocivelli di Brescia. E'
l'inizio della fine. Il fallimento dell'Azienda San Giorgio si può
racchiudere in sei fondamentali errori.
Il primo errore fu di trasferire il cervello pensante alla OCEAN di
Verlanuova (BS), dove risiedevano i Nocivelli, senza tenere conto che la
loro esperienza era maturata e sviluppata nel campo della refrigerazione
e non nel lavaggio.
Secondo errore fu quello di snaturare la qualità San Giorgio a favore
del loro marchio Ocean tanto da vedere scendere, nel giro di pochissimi
anni, drasticamente le quote di mercato.
Terzo errore vollero continuare a produrre una quantità sempre maggiore
di lavabiancheria senza investire in tecnologia ma continuando a
produrre con le vecchie ed obsolete attrezzature installate nel lontano
1871. Sulle ali del concetto "massimo profitto con la minima
spesa" lo Stabilimento vide drasticamente ridotte le maestranze da
800 a meno 500 unità.
Il quarto errore fu il tocco dell'artista che questa famiglia ebbe
quando, acquisendo la traballante Brandt francese pensò di trasferire
la direzione generale e tutti gli uffici leader a Lione, in Francia. La
tecnologia e relativa esperienza del lavaggio dei francesi era diversa
da quella della San Giorgio. Costoro producevano elettrodomestici con
carica dall'alto ovvero macchine da lavaggio statiche rispetto a quelle
con carica frontale. Posero le basi per far fuggire i migliori tecnici e
instaurarono un clima di terrore basato su continue minacce di
allontanamento o declassamento dei compiti specifici. Cercarono di
trasferire la produzione in Francia convincendo i media che questo sito
produttivo tale non era per incapacità manifesta degli addetti ai
lavori. Obbligarono a comprare prodotti di dubbia qualità a prezzi
molto cari e ogni loro resoconto sulla qualità era una pugnalata al
cuore anche perché certe soluzioni ci venivano imposte e se non davano
risultati positivi la colpa era delle maestranze spazzine. Dopo anni di
notevoli profitti i bilanci della San Giorgio incominciarono a segnare
rosso e da quel colore gli fu negato di uscirne.
Il quinto e macroscopico errore fu quello di acquisire il fallito Gruppo
Moulinex. L'ambizione senza confini dei Nocivelli, il pensare illoro
nome quotato in borsa gli fece fare un passo falco senza averne valutato
fino in fondo le conseguenze. Fallito in borsa il Gruppo Moulinex la
logica conseguenza fu il fallimento del Gruppo Brandt. A cascata furono
coinvolte la Ocean e la San Giorgio.
Il sesto ed ultimo errore è quello più deleterio, è l'errore del
principio e della fine. I primi sintomi della crisi furono avvertiti
dalla segreteria della UILM di La Spezia e il suo segretario Andreetti
Walter ne ebbe conferma due giorni prima delle festività del Natale.
Senza indugio convocò per il 29 dello stesso mese un incontro, presso
la UILM a cui parteciparono i 20 rappresentanti degli industriali, di
Fim, Fiom e Failm.
In quella riunione gli interessi delle maestranze furono posti in
secondo piano in quanto, proprio dalla parte sindacale, vennero fatte
illazioni sulle notizie che il nostro Sindacato stava argomentando.
L'astio dei loro interventi nasceva dal fatto di sentirsi sminuiti nel
loro ruolo di paladini dei lavoratori e per non aver recepito e saputo
per primi tali notizie. In quel contesto i più arroganti ed
indisponenti furono i compagni della FIOM che, essendo l'Organizzazione
maggioritaria sul territorio, si sentirono scavalcati e non più
depositari di ogni verità locale. Scettico si dimostrò la stessa
Organizzazione industriale e naturalmente l'Azienda fece di tutto per
smentire certe nefaste fantasie della UILM. Gli iscritti della UILM, non
contenti della piega che stava prendendo la discussione, chiesero ed
ottennero di confrontarsi con le autorità locali e regionali. Il
risultato di quella riunione non si discostò molto da quello
precedente, infatti il Sindaco e il Presidente della Provincia, di
chiara matrice di sinistra, credevano più alla Fiom che alla UILM.
Formularono dichiarazioni che non mantennero. Fummo beffeggiati sui
quotidiani locali e vergognosi risultarono gli attacchi alla integrità
morale ed intellettuale rivolti al segretario Andreetti. All'interno
della fabbrica, la Fiom e la Failm (d'accordo con il Responsabile delle
Risorse Umane) incominciarono una caccia all'iscritto UILM. Dapprima
furono pressioni intimidatorie di tipo morale, poi furono fatte
pressioni molto più esplicite quali messa in cassa integrazione per un
tempo indefinito, sollevamento da incarichi di responsabilità minacce
che furono e sono tutt'oggi espletate. Attualmente la situazione è
molto grave, la San Giorgio non sa quale sarà il suo futuro. Di sicuro
quando l'uomo e l'Organizzazione vengono al di sopra di tutto e di tutti
non può che realizzarsi un solo ed unico risultato: la distruzione
della Società, o come in questo caso la distruzione della fabbrica.
Alberto Perelli
(ex delegato impiegato Ocean, attuale Presidente Comitato
INPS della Spezia)
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