Periodico nazionale di informazione della Uilm
ANNO IX - 6-7 giugno/luglio 2004
Il
lavoro somministrato

Il decreto legislativo n° 276 del 2003,
con cui riceve attuazione la c.d. legge Biagi, ha sostituito il vecchio
lavoro interinale con un nuovo istituto: la somministrazione di
manodopera.
Nella somministrazione di manodopera il lavoratore viene assunto da
un'agenzia di somministrazione, che poi lo "fornisce" ad
un'impresa definita utilizzatrice. La conseguenza di ciò è la
dissociazione fra la figura del datore di lavoro formale, l'agenzia, e
colui che materialmente si giova della prestazione lavorativa,
l'utilizzatore. La somministrazione può essere sia a termine sia a
tempo indeterminato, ed è questa la novità maggiore rispetto al
vecchio istituto del lavoro interinale, in cui erano possibili solo
missioni temporanee.
La somministrazione a tempo determinato, così come il vecchio
interinale, ha una funzione pratica, nonché una disciplina, molto
simile al lavoro a tempo determinato. Più in particolare, il ricorso
alla somministrazione a tempo determinato è ammesso, così come il
lavoro a tempo determinato, solo a fronte di comprovate esigenze di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. E' anche
sancito che dette ragioni aziendali, che giustificano il ricorso alla
somministrazione a tempo determinato, devono essere riportate per
iscritto nel contratto di assunzione. Se le ragioni aziendali si
dimostreranno fittizie, carenti o se esse non risultano per iscritto nel
contratto, si instaurerà un rapporto di lavoro alle dirette dipendenze
dell'impresa utilizzatrice.
Purtroppo, però, alcune delle tutele stabilite per il lavoro a tempo
determinato non trovano conferma in sede di somministrazione a tempo
determinato. In particolare, non si applicano nella somministrazione di
lavoro le norme che, nel lavoro a termine, disciplinano (limitandole) la
proroga e la successione di contratti. Si tratta di una normativa
restrittiva, che evidentemente ha l'obbiettivo di evitare un utilizzo
improprio del contratto di lavoro a termine, nei rapporti caratterizzati
dalla continuità, in luogo del lavoro a tempo indeterminato.
Per quanto concerne, invece, la somministrazione di lavoro a tempo
indeterminato, questa è ammessa solo nei casi previsti dai contratti
collettivi di lavoro, nonché nelle ipotesi, in verità piuttosto
limitate, tassativamente elencate dalla legge. In particolare la legge
prevede che il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo
indeterminato è ammissibile per: "i servizi di pulizia, custodia,
portineria"; i "servizi, da e per lo stabilimento, di
trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e
merci"; "le costruzioni edilizie all'interno degli
stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari,
per particolari attività produttive, con specifico riferimento
all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi
successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per
specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa".
In definitiva la somministrazione di manodopera a tempo indeterminato si
prospetta come una tecnica di decentramento produttivo alternativa
all'Appalto. Rispetto a quest'ultimo, peraltro, la somministrazione
offre sicuramente maggiori garanzie ai lavoratori. Se si ricorre alla
somministrazione di lavoro fuori dei casi previsti dalla legge o,
eventualmente, dalla contrattazione collettiva, si instaurerà un
rapporto di lavoro alle dirette dipendenze dell'impresa utilizzatrice.
Principio cardine per determinare il trattamento economico-normativo dei
lavoratori somministrati, sia a termine sia a tempo indeterminato, è
quello della parità di trattamento. I lavoratori dipendenti del
somministratore, quando vengono inseriti nell'organizzazione
imprenditoriale dell'utilizzatore, hanno, più precisamente, diritto
"a un trattamento economico e normativo complessivamente non
inferiore a quello dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a
parità di mansioni svolte". Il lavoratore somministrato resta,
infatti, alle dipendenze dell'agenzia di somministrazione e possiede un
contratto proprio, peraltro condizionato dal Contratto collettivo
nazionale di lavoro delle Agenzie somministratrici, sottoscritto da
CPO-UIL, ALAI-CISL, NIDIL-CGIL, ma il suo trattamento dovrà essere
"adeguato" a quello degli altri lavoratori dell'impresa
utilizzatrice. Come risultato abbiamo che il lavoratore somministrato
farà riferimento, contemporaneamente, a due contratti collettivi
nazionali: quello delle agenzie di somministrazione, come già
accennato, e quello dell'impresa utilizzatrice, nel nostro caso il
contratto dei metalmeccanici.
Si noti, però, che il diritto "a un trattamento economico e
normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari
livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte" subisce
una deroga nell'ipotesi di contratti di somministrazione conclusi
nell'ambito di specifici programmi di politica attiva del lavoro. Ciò
"al fine - recita ancora la legge - di garantire l'inserimento o il
reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati,
attraverso politiche attive di workfare".
Qualora il contratto di lavoro fra il lavoratore ed il somministratore
sia a tempo indeterminato, il lavoratore, nei periodi in cui non presta
la propria attività in un'impresa utilizzatrice, resta a disposizione
dell'Azienda somministratrice. In cambio riceverà un'indennità di
disponibilità, fino alla nuova assegnazione. Si tratta, per l'appunto,
di un'indennità, che in quanto tale non comporta oneri contributivi o
fiscali, ma che lascia il lavoratore privo di tutele previdenziali. E'
la stessa legge, difatti, a ribadire che tale indennità è esclusa dal
computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.
La peculiarità della somministrazione, abbiamo visto, consiste nella
dissociazione fra la figura del datore di lavoro formale e colui alle
cui dipendenze il lavoratore concretamente presta la propria opera. Tale
singolarità pone non pochi problemi in sede di esercizio di diritti
sindacali, nonché in materia di rappresentanza e di iscrizione. Ci si
potrebbe, infatti, interrogare se, ai fini della tutela e della
partecipazione sindacale, il lavoratore debba fare riferimento
all'agenzia da cui è stato assunto o, piuttosto, all'impresa in cui
effettivamente lavora. Ci limitiamo in questa sede a registrare quanto
sta iniziando ad accadere nella prassi: i lavoratori somministrati hanno
finora svolto le proprie assemblee e le proprie elezioni (ma si tratta
ancora di casi isolati) all'interno delle imprese utilizzatrici, non
già delle agenzie di somministrazione. Si tenga comunque presente che,
in base al dettato della legge, ai lavoratori somministrati è
riconosciuto sia il diritto di partecipare alle assemblee del personale
dipendente delle imprese utilizzatrici, sia il diritto di svolgere
assemblee con lavoratori assegnati ad altre imprese utilizzatrici, ma
dipendenti dal medesimo somministratore.
E' indubbio che una condizione siffatta rende disagevole sia la difesa
sia la sindacalizzazione dei lavoratori somministrati. Ciò, però, deve
costituire, nella nostra azione quotidiana, un motivo ulteriore di
impegno, affinché non si addivenga ad una pericolosa realtà:
l'esistenza di una fascia cospicua di lavoratori relegata al di fuori
del mondo sindacale.
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